«Taxiphone»

In «Taxiphone», il regista algerino Mohammed Soudani racconta di Elena e Oliver, una giovane coppia svizzero-tedesca, che si trova intrappolata in mezzo al deserto a causa di un guasto al camion su cui viaggiano. La coppia si vede così costretta a fermarsi in un remoto villaggio situato nell’oasi di Tar, in attesa di trovare un rimedio alla situazione.

L’unico contatto con il mondo esterno è dato dal taxiphone, che consente di effettuare chiamate internazionali. Questo servizio, affidato alla cura di Saïd, un giovane Tuareg, evidenzia l’isolamento del villaggio, ma rivela anche la tenacia di mantenere un collegamento, per quanto arduo, con il mondo esterno.

Elena e Oliver si trovano progressivamente mossi da ambizioni nettamente divergenti. Oscillano tra la curiosità di immergersi in una cultura e i suoi riti affascinanti e la spinta ad allontanarsi ad ogni costo. Il film esplora il solco che progressivamente si approfondisce tra i due, e con il taxiphone sempre come fulcro narrativo, invita gli spettatori a interrogarsi sul significato del viaggiare e del rapporto con l’altro. Cosa accadrebbe se il mio posto fosse altrove?

Tra l’isolamento e la connessione con il mondo esterno, il film di Soudani ci catapulta nell’intimità di un microcosmo dove una moltitudine di personaggi orbita attorno al taxiphone, ciascuno animato dalle proprie singolari aspirazioni.